lunedì 20 settembre 2010

Leonard Cohen: poeta, cantautore, mito (by Ruben)

Alla veneranda età di 76 anni Leonard Cohen, uno dei più grandi songwriters viventi, calca ancora i palcoscenici e lo fa con una leggerezza incommensurabile: basta guardare il dvd "Live In London" per rendersene conto.
Il 14 settembre scorso é uscito il suo nuovo lavoro live
"Songs From The Road" (cd e dvd) registrato durante lo stesso tour mondiale da cui fu tratto nel 2009 "Live In London" (doppio cd e dvd): ottima occasione per pubblicare il pregevole pezzo su Leonard Cohen di Ruben. (W.B.)


Una sera, ad una cena in suo onore, Bob Dylan prese per mano Elizabeth Taylor e la trascinò al cospetto di uno degli invitati, dicendole “Vieni, lascia che ti presenti ad un vero poeta…”. E così la diva hollywoodiana si trovò alla presenza, quanto mai discreta, di Mr. Leonard Cohen.
Diceva Robert Fripp, chitarrista e mente dei King Crimson, che la musica si serve delle persone più improbabili - come lui stesso - come strumento che le dia voce. La musica ha scelto di servirsi anche di questo uomo mite, schivo, più portato alla vita da eremita che alla ribalta, privo di quel narcisismo che caratterizza chiunque desideri salire su un palco alla luce accecante dei riflettori.
Nativo di Montreal e proveniente da una famiglia ebrea, il giovane Leonard si ap
passiona inizialmente alla poesia, che rimarrà sua fedele compagna di vita (o, per meglio dire, la poesia troverà in lui uno dei suoi migliori compagni). Dà quindi alle stampe una raccolta di poesie e si eclissa in quel di Hydra, minuscola isola della Grecia dove trascorrerà lunghi anni immerso nella scrittura di liriche e romanzi. Questa esigenza di isolamento tornerà con stringente necessità nella sua vita.
Infatti in tempi più recenti, già quasi sessantenne, si ritirerà in un convento buddista a Mount Baldy, sopra Los Angeles, per più di un lustro, anche per combattere la dipendenza dall’alcol insorta con il tour per il disco "The Future". Evidentemente il bisogno di quiete e silenzio, meditazione e ascesi, è molto forte nel Nostro e influenza anche la composizione delle sue canzoni; basti pensare ad un brano - un’autentica preghiera - come If It Be Your Will (“Se sarà il tuo volere, che non parli più…”). Non è un caso che Cohen sceglierà per il suo ritiro a Mount Baldy l’appellativo monacale di Jikan, ovvero “il silenzioso”.
Per converso, sarà il suono energico e deragliante di “Bringing It All Back Home”, album del collega Dylan da lui imposto ad un gruppo di amici poeti ad un party, a convincerlo a tentare la carta della musica, visto che, come stava insegnando proprio Dylan, era possibile mettere in una canzone il linguaggio della poesia (e considerato anche che, come dicevano gli antichi, “litterae non dant panem”…).
Il disco d’esordio, “Songs Of Leonard Cohen” del 1968, è un capolavoro e sancirà la nascita di una nuova e autorevole voce nel mondo della canzone.
Anche nel belpaese il suo nome comincerà a diffondersi fra gli appassionati, e la data di pubblicazione a riguardo ha la sua suggestione… Disco pieno di classici che ogni tanto vengono riscoperti, vedi la meravigliosa Hey, That’s No Way To Say Goodbye recentemente ripresa in uno spot pubblicitario. D’altronde il nostro uomo dice che le sue canzoni sono come le Volvo: durano nel tempo, e ha perfettamente ragione.
Basti pensare che un suo brano tratto da “Various Position”, album del 1984 che la casa discografica si rifiutò di pubblicare negli States, è quella Hallelujah che grazie all’interpretazione sensazionale di Jeff Buckley ora conoscono anche i sassi ed è destinata ad imperitura memoria. Canzone manifesto, in cui l’elemento autobiografico e le suggestioni bibliche, sempre presenti nella sua opera, si fondono mirabilmente in una melodia che, soprattutto nella strofa, è il miglior contributo alla musica fornito da Cohen.
Di recente, dato che la sua manager gli ha quasi ripulito il conto in banca, è stato costretto ad uscire dalla sua umbratile way of life, e si è imbarcato in un mastodontico tour mondiale in più di 80 paesi, roba da far tremare le gambe a musicisti ben più giovani. Sostenuto da una band impeccabile, cappello Fedora calcato sulla fronte, ripercorre con grazia ed eleganza inimitabili il suo repertorio. Mi piace ricordarlo in una gag, che si ascolta proprio nel cd “Live In London” tratto dal tour. Dopo aver finito di cantare Tower Of Song, altro brano indice del sua poetica, sul coro finale cantato dalle backing singers avvisa gli astanti di essere finalmente giunto alla Risposta ai misteri della vita e di essere disposto a rivelarla, per poi enunciare con studiata enfasi ripetendo sul loro coro: “doo dan dan dan de doo dan dan”. Sì Leonard, forse la risposta a tutte le nostre domande, al perché della vita e di quanto hai scandagliato con maestria in tutta la tua opera, non è altro che questa: alcune ragazze che cantano un piacevole e sensuale motivetto…
Sempre grati alla tua sublime ironia.
Ruben


Sito Ufficiale Leonard Cohen

video
Hallelujah
Tower Of Song
Dance Me To The End Of Love
Sisters Of Mercy
Hey Thats No Way To Say Goodbye

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