lunedì 24 gennaio 2011

SIXTIES PSYCHEDELIA - Joseph Byrd & THE UNITED STATES OF AMERICA

Questa é la storia di una delle tante misconosciute e straordinarie leggende psichedeliche americane di più di 40 anni fa, THE UNITED STATES OF AMERICA e del suo artefice, Joseph Byrd.

Parlare del progetto The United States Of America del poliedrico Joseph Byrd vuol dire affrontare almeno marginalmente un discorso che impegna più aspetti della cultura e della società. Nei primi anni ’60, tra l’asse improbabile New York – Los Angeles, la prima avanguardista e sperimentale, la seconda conservatrice, si sviluppa la storia che porta alla realizzazione di questa che è una delle opere di riferimento della psychedelia americana.
The american way of life sarà, in quest’opera, il leit-motif e l’elemento parodiato e da decostruire. Già da anni la filosofia della Beat Generation si poneva fortemente critica alla società americana così come stava evolvendosi e Byrd, tra ambienti di quella matrice e tra le esperienze maturate negli happening del movimento 'Fluxus', confeziona una sorta di teatro/canzone che ha i connotati di una militanza cabarettistica. Un’opera per lo più passata sotto silenzio e riscoperta solo dopo molti anni, forse perché posta al confine stilistico, dove la psychedelia si fonde con la ricerca elettronica.
Nei primi sixties, in New York, c’è un grande fermento artistico che interessa la musica, la pittura, la letteratura, il cinema e ogni forma di arte che possa coinvolgere il panorama giovanile. Particolarmente attivo, in questo senso, è Andy Warhol, iniziatore del fenomeno artistico ‘pop’ular art, che apre il proprio studio, la Factory, e mette a disposizione le proprie risorse a un pubblico misto di intellettuali più o meno disoccupati e artisti che si pongono in un contesto ibrido tra protesta, cultura della droga e consumismo.

E’ in questo ambito sociale in fermento che si trova ad operare Joseph Byrd, poeta e musicista compositore diplomatosi a Stanford e polistrumentista eclettico che già aveva dimostrato di saperci fare col jazz suonando il vibrafono. Pervaso dal fuoco sacro della sperimentazione e della rappresentazione colta, infatuato del clima avanguardista e seminale di NY, inizia nella Big Apple un percorso che lo vede impegnato su più fronti. Aderisce al gruppo neodadaista “Fluxus” i cui componenti sperimentano forme artistiche musicali, poetiche e visive discoste dall’atto artistico creativo tradizionale, in nome di un’arte totale dove danza, teatro e performance si trovano coesi alla musica e alla poesia.


 
Nel primo happening musicale organizzato dal movimento Fluxus, Byrd compare elencato a fianco di molti artisti del periodo e soprattutto a fianco di La Monte Young, col quale terrà un primo concerto nel loft di Yoko Ono su Bank Street. Sperimenta nella cerchia degli artisti e degli intellettuali di John Cage e studia musica elettronica alla New School diplomandosi e diventando compositore, produttore, insegnante, arrangiatore e conduttore d’orchestra. Dovendosi mantenere svolge mansione d’amanuense per il compositore Virgil Thomson, che lo avvicina alla musica tradizionale americana; questa esperienza sarà importante perché la struttura delle sue due opere musicali, The United States Of America e The American Metaphisical Circus, saranno strutturate su echi, sonorità e ritornelli della cultura tradizionale approfondita proprio nel corso di questa frequentazione.
In quel periodo conosce Doroty Moskowitz, primo e fondamentale elemento per la realizzazione del progetto THE U.S.A., con la quale inizia un rapporto di collaborazione musicale e una relazione sentimentale. Già in quel periodo, nella City, Byrd si fa notare come uno dei più promettenti giovani sperimentali nell’ambito della composizione musicale. Nel 1963, con Doroty, emigra a Los Angeles per esportare la propria esperienza acquisita in un nuovo ambito sociale culturalmente meno seminale di New York e con ancora molte delle potenzialità da esprimere nella sperimentazione artistica.

Iscritti ambedue all’U.C.L.A. (University of California at Los Angeles) seguono corsi di musica indiana, di musica ambientale, di acustica e di psicologia della musica, in un percorso circolare che apporta nuova linfa al personaggio Byrd compositore. Con una associazione di studenti, artisti e musicisti indiani, nel 1965, organizza happening dove tutti i partecipanti sono coinvolti in dinamiche sperimentali multiformi e dove, con questi nuovi stili, si organizzano una serie di concerti/rappresentazioni musicali. Nel frattempo si crea in Byrd la consapevolezza che il suo lavoro sarà influenzato e improntato all’impegno civile e politico, comunque schierato contro la guerra nel Vietnam e la American way of life.
Nel 1966 la relazione con Doroty s’interrompe e lei torna in NY, mantenendo comunque rapporti di amicizia. Dopo circa un anno Doroty, chiamata ancora da Byrd, torna a L.A. per formare il progetto U.S.A.. Byrd interrompe ogni collaborazione con l’U.C.L.A. e si dedica a pieno titolo a comporre musica. La line-up del gruppo, consolidatasi nel tempo, è ormai così formata: Joseph Byrd, il quale compone, orchestra e suona electronic music, electric harpsichord, organ, calliope, piano; Doroty Moskowitz, lead singer, dalla voce affascinante e fredda che è la più vicina a Byrd e al suo mondo musicale; Gordon Marron, magico tessitore acustico ed elettrico delle arie melodiche e dei suoni lancinanti del suo electric violin e che aziona il ring modulator; Rand Forbes, che suona un electric bass senza tasti; Craig Woodson, electric drums, percussion, il quale spazia nel progetto in vari generi percussivi, compreso quelli tribali africani.

Nasce così il progetto The United States of America che dà anche il nome al gruppo musicale ed al titolo del concept album datato 1968 per la Capitol che ne consegue. E' un progetto musicale geniale e ancora fresco e attuale, figlio della contestazione hippie, risultato di una controcultura avanguardista, debitrice dell’esperienza del seminale conterraneo Frank Zappa e, all’opposto, dell’influenza operistica, classica e rinascimentale.
L'opera ha il fine di combinare sonorità elettroniche, radicalismo politico/musicale e teatro. Appare da subito che il collante dell’opera è la musica tradizionale americana, qui però utilizzata come vero e proprio elemento psichedelico; i richiami strumentali all’esercito della salvezza, i tratteggi religiosi tipici vengono usati spesso riverberati e comunque agiscono da elementi burleschi e satirici tipici del cabaret, a dimostrare non solo l’espediente musicale e artistico ma soprattutto il messaggio socio-culturale di rigetto dei luoghi comuni e delle contraddizioni dell’america sixties. Hard coming Love

Lo strumento che predomina è il violino elettrico, che in tutti i brani risulta esserne il nerbo, sia usato nella sua connotazione acida che nella forma più pulita e melodica. Le introduzioni e i finali dei brani sono musicalmente rumoristici, con pezzi bandistici che ricordano il circo, ninne nanne elettriche, trombette, organetti da fiera.
Sembra una mente aliena adusa agli sterminati spazi cosmici quella che inscena paesaggi lirici che ricordano spazi siderali ghiacciati condannati a contaminazioni liquide, a sperimentazioni elettroniche psichedeliche.
Il violino elettrico, quando è lancinante, accompagna le parti cantate disturbando le nenie e i cantati che richiamano al panorama musicale dei Beatles, dei Jefferson Airplane e del repertorio della casa discografica delle comuni hippie, la Holy Ground, soprattutto vicino alle arie dell’esperienza artistica "A to Austr".
La voce solista femminile, la splendida e particolare voce di Doroty Moskowitz, caratterizza e lega l'opera. Doroty sembra nata per cantare nella liquidità dei suoni del gruppo che confeziona un album originale, a tratti ironico, sempre colto, assolutamente emozionante. Un’opera che non stanca mai. Uno dei migliori pezzi è Where is yesterday, una preghiera psichedelica che ipnotizza così come il canto gregoriano cattura il credente che trascende nella dimensione spirituale. In Cloud song il violino si addolcisce e gli altri strumenti sono pizzicati in un genere che ricorda, pur nella sperimentazione, arie e momenti medievali o indiani. In Love song for the dead Che si identifica sicuramente il brano più melodico e accessibile, con la tipica strutturazione di forma-canzone. La fisarmonica e la ritmica dal timbro tribale africano accompagnano qui una Doroty malinconica e ispirata seppur la sua voce non dissipi il senso d’inquietudine che pervade tutta l’opera.

Si eleva alto il brano finale dell'opera, The american way of love che, in una carrellata di espedienti psichedelici da favola che si sviluppa in tre parti, ricostruisce e riassume tutto l'album in una cacofonia di astrazioni oniriche pervase da motivi che riecheggiano la civiltà musicale americana e contemporaneamente ti riportano indietro nel tempo, facendo riesumare, nella melancolia, i primi momenti di "veglia" innocente nell'utero materno.
Gli ultimi incisi musical-popolari, infatti, perdono l’aspetto stridente del riverbero ed il cross-over del violino elettrico contrastante con fraseggi musicali da festa di paese, che simboleggiano la corruzione di valori che dovrebbero essere incorruttibili, a favore di una trama quieta degli ultimi echi vitali, che simboleggiano una primigenia purezza.
I Won't Leave My Wooden Wife for You, Sugar
L’anno successivo, con una nuova line-up stavolta di più affermati, ma meno ispirati musicisti, Joseph Byrd compone e suona il suo nuovo ed ultimo progetto musicale/rappresentativo, "The American Metaphysical Circus", che pur essendo interessante e valido e con un canovaccio ricalcante il primo progetto non raggiunge comunque i livelli di originalità, di liricità e di espressione rappresentativa della precedente opera, forse anche per la mancanza della voce particolare di Doroty che viene sostituita da quella delle cantanti Victoria Blond e Susan De Lange.

Per sei anni si perdono le tracce del geniale compositore per poi ritrovarle nel disco solista “A Christmas Yet To Come” edito nel 1975 dalla Takoma, dove il compositore rivisita e riarrangia alcuni brani della tradizione natalizia. Nel 1976, sempre dalla Takoma, esce il suo altimo album “Yankee Transcendoodle” col sottotilo “Electronic Fantasies for Patriotic Synthesisers”, avente per tema il patriottismo americano.
Oggi Byrd è un professore di music history al College di Redwoods, in Northern California ed ha rinunciato alla produzione discografica. L'album U.S.A. è stato ristampato in CD dalla etichetta Sundazed con 10 bonus track.
Marcello Rizza
Discografia originale album:
"UNITED STATES OF AMERICA"(Columbia CBS, 1968)
JOE BYRD AND THE FIELD HIPPIES, "The American Metaphisical Circus" (Columbia CBS 1969);
 JOSEPH BYRD, "A Christmas Yet To Come" (Takoma, 1975)
 JOSEPH BYRD "Yankee Transcendoodle" (Takoma, 1976)

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1 commento:

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