venerdì 20 maggio 2011

AMYCANBE: “ The World is Round” (2011, Open Productions)

Fanno tutto alla perfezione gli Amycanbe, fin dal materiale informativo (ricchissimo: bio, foto, copertina, testi, disegni) che accompagna questo loro EP, “The World Is Around”, ispirato nei testi all’omonimo racconto della scrittrice Gertrude Stein. Siamo di fronte a un progetto artistico molto curato, dal respiro internazionale, non solo per il cantato in inglese della vocalist Francesca Amati, anche autrice delle liriche, ma soprattutto per le numerose esperienze all’estero della band, che può vantare tour Oltremanica e remix di propri brani a opera di nomi illustri. La pianistica Round And Round ci introduce a Rose Is A Rose, un piacevole mantra che lascia presto il posto alla rarefatta Blue Mountain; Climbing si muove poi sul medesimo registro: sono brani questi che danno quasi la sensazione di essere in una bolla sospesa nell’aria, oppure avvolti nella bambagia. Si cambia atmosfera nella conclusiva Everywhere, sostenuta da un bel riff che deflagra con bella intenzione restituendoci scenari urbani post-moderni. L’EP è sufficiente a dare la misura del progetto, e ne fa apprezzare le qualità sia sul piano della scrittura delle canzoni, sia sul piano degli arrangiamenti, sempre calibrati, mai invasivi e pensati al servizio dei brani. Disco ideale per giornate uggiose e malinconiche, dove è piacevole lasciarsi ipnotizzare dalla voce di Francesca, strumento fra gli strumenti, e dalla sinuosità delle costruzioni melodiche e armoniche dei suoi compagni di viaggio (Paolo Granari, Mattia Mercuriali, Glauco Salvo, Marco Trinchillo). Di fronte a questo lavoro viene da chiedersi se non sia il caso per gli Amycanbe, qualora continuino a proporre i loro brani in lingua inglese, di giocarsi le carte definitivamente sul piano internazionale (Inghilterra e Germania in primis). Insomma, fare le valigie e trasferirsi. Cantare in inglese risulta funzionale al progetto, ma la contropartita è il limitare necessariamente il proprio “bacino d’utenza” a un ristretto gruppo di persone, qui in Italia. Senza contare che ormai il mercato è da noi saturo di produzioni in quest’ambito musicale, e il pubblico non è certo quello delle grandi cifre. D’altro lato, le numerose frequentazioni di artisti internazionali possono schiudere loro molte porte. Ci sono parecchi buoni motivi per lasciare questo stanco Paese. Fare della buona musica in contesti più ampi, che possano alla lunga dare maggiore soddisfazione, potrebbe essere uno di questi, se non il più giustificabile.
Ruben

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