lunedì 6 giugno 2011

BELONG: “Common Era” (2011, Kranky, Goodfellas)

I Belong, duo americano di New Orleans composto da Turk Dietrich e Michael Jones, presentano “Common Era” (2011, Kranky), a distanza di cinque anni dal precedente album di debutto “October Language” (2006). “Common Era” si presenta come un’affascinante sperimentazione pop che mescola assieme lo shoegaze più sognante con il post-punk più decadente, all’interno di un sottofondo radiante di elettronica drone e noise. A caratterizzare l’intero l’album è un canto lontano e irriconoscibile che cerca di emergere al di sopra di un rumore di fondo molto denso, ottenuto con una tessitura di synth e di chitarre, completamente nebulizzata e dilatata. Il risultato finale è un suono soffice come la neve, dilatato sino alla trasfigurazione, che diviene in molti casi invocazione, una sorta di litania dei tempi moderni, una forma di religiosità tipica delle epoche decadenti.
“Common Era” è un lavoro per certi versi estremo, che affascina, disturba, stranisce. L’album inizia con la bellissima Come See, molto vicina alle sonorità shoegaze dei My Bloody Valentine e alle forme noise dei Jesus and Mary Chain, che cattura per l’atmosfera vaporosa e sognante. La bellezza positiva e rasserenante di Come See è abbandonata dopo appena 5:26; il tempo di arrivare a Never Came Close (e successivamente a A walk) ed ascoltare un vero e proprio elogio della malinconia. Perfect Life è forse il brano più ispirato di tutto l’album che accentua le forme di una tristezza sfuggente, ma per molti versi
affascinante. Il richiamo a Ian Curtis ed ai Joy Division è quasi d’obbligo. Perfect Life prende avvio da una inquieta vitalità, che progressivamente si spegne soffocata da un rumore entropico che cresce d’intensità sino a coprire qualsiasi forma di vita. Emozionante. Keep Still e Common Era accentuano invece la progressiva e lenta degenerazione verso le forme più decadenti. Il canto diviene invocazione e la parole perdono completamente significato, sopraffatte da una religiosità che diventa ritualità. Il risultato complessivo è un album davvero intrigante in cui il duo di New Orleans sperimenta nuove forme di pop, di non facile ascolto, ma piene di fascino e di seduzione. Un lavoro che cerca di consolidare i confini di una nuova estetica post-moderna. Un ulteriore pietra preziosa nel prestigioso catalogo della Kranky. Un album assolutamente consigliato.
Felice Marotta
BelongMySpace
Kranky

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