venerdì 9 settembre 2011

CASINO ROYALE: "Io e la mia ombra" (2011, Universal)

Ed eccolo il nuovo ritorno dei Casino Royale, a quasi cinque anni da "Reale", certo, niente rispetto ai nove passati da "CRX", anni trascorsi a trasmettere comunque segnali dalla loro nave spaziale in maniera trasversale, quale un uso intelligente e sempre di qualità del web. Un disco questo non dice molte cose nuove rispetto ai lavori precedenti ma ne ribadisce altre in modo molto chiaro, quasi come se i nostri, dopo aver trascorso gli anni ’90 a sentirsi dire quanto il loro suono fosse avanti ora avessero, giustamente, voglia di raccogliere quanto seminato.
Alla base del gruppo guidato da Alioscia, nonostante una ulteriore serie di defezioni del nucleo storico (non parliamo di originario perché già dalla formazione degli esordi ska a quella dub-black affermatasi con "Sempre più vicino" il cambio era stato notevole) la volontà di ribadire la propria voglia di fare ancora quello che sanno fare meglio, musica di qualità! Se per il ritorno sulle scene avevano deciso di affidarsi alle sapienti mani di un guru come Howie B. nel nuovo lavoro "Io e la mia ombra" i milanesi decidono di fare tutto da soli, prendendosi i rischi ed i pregi di una scelta del genere. Un disco che, per stessa dichiarazione del gruppo, ha come tema centrale la solitudine dell’uomo nella società occidentale odierna, che lo vede sempre più elemento centrale ma, al tempo stesso, fonte di un senso di vuoto interiore. I Casino si ritrovano così adulti tra figli che crescono e una ritrovata serenità, in una città come Milano a fare i conti con ciò che le loro esperienze hanno portato e con il loro rapporto di odio/amore verso la loro eterna regina della paranoia. Le qualità di scrittura poetica e piena di lucida follia di Alioscia restano invariate nel tempo, così come la loro capacità compositiva fuori dal comune (prendete i primi sessanta secondi di un qualsiasi brano della band da Dainamaita ad oggi e ditemi chi in Italia è stato capace di fare cose di così alto livello musicale).
Il lavoro presenta, rispetto al precedente, un maggior utilizzo dell’elettronica, una volontà espressa chiaramente dal gruppo che voleva voltare pagina e distaccarsi ancora una volta dal periodo precedente (quello della raccolta “Royale Rockers”) in cui si era buttato sul reggae, rileggendo in questo stile i maggiori successi, portandoli poi anche in tour. Ecco allora sfilare brani scurissimi venati di soul come Solitudine di massa o i sei muniti di Vivi (il miglior episodio del disco con un profondo lavoro di introspezione) o la radiofonica e vivace title track in stile ragga ma sempre tagliente a dettare le linee guida dei temi del disco; anche l’elettro-pop di Il fiato per raggiungerti o le ballad urbansoul di Cade al posto giusto così come il coinvolgente ritmo sperimental-dance di Ogni uomo una radio (Turn it on).
Io e la mia ombra sembra soffermarsi sul nostro tempo, fotografia statica di quotidianità vissuta sulla propria pelle, scattata da musicisti che hanno passato i quarant'anni e si volgono indietro a raccogliere e godersi i frutti cresciuti dalle semine precedenti, e la scelta di autoprodursi il disco senza aiuto esterno è più che esemplificativa.
"Illusi dalla musica, sconfitti dalla musica...per raccogliere qualcosa, prima devi dare...nessun rimpianto, nessun rimorso..." su Stanco ancora no a mò di manifesto di pensiero sulla loro carriera parla molto chiaro in tal senso. Un disco dalla base di pop-elettronico con “groove a manetta” che non fornisce grandi novità sonore per un gruppo che ci ha sempre abituato a cambiamenti e svolte, ma probabilmente non era questo l’obiettivo. Dopo ventiquattro anni i Casinò Royale sono ancora qui, con i loro ritmi un passo avanti, le loro idee e progetti sempre all’avanguardia e le loro parole lucide e mai banali; con canzoni che farebbero invidia a molti ed una coerenza che si è sempre dimostrata non in vendita, anche con i loro difetti che li rendono ancora più “reali”.
Ubaldo Tarantino

Casino Royale



Stanco ancora no

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