mercoledì 7 settembre 2011

MALAKIA: "Malakia" (2006, Autoproduzione, Unknow Indie)

Che lo ska sia una delle musiche più piacevoli e forse la più “divertente” credo sia incontrovertibile. Mi ritrovo tra le mani e nelle orecchie questo lavoro dei milanesi Malakia e se questa recensione esce con notevole ritardo dalla data pubblicazione questi ottimi musicisti non se ne avranno a male poiché, a dispetto della musica che producono, veloce e saltellante come sappiamo, a loro piace “vivere con lentezza” se,
come loro stessi affermano, ci hanno messo dodici anni per realizzare questo omonimo cd. Le danze si aprono mirabilmente con Coins my body, sulle note di un pianoforte soffuso e jazzato che poco dopo viene rivestito dal riff accattivantissimo di tutto l’ensemble (i Malakia sono in sette) tra fiati in sezione e piccoli assoli, tra cui un basso galoppante e un cantato (in inglese) che, nonostante la differenza del timbro vocale, come stile farebbe invidia a un Mario Biondi che all’uscita di questo album era ancora di là da venire. Il disco, undici brani per oltre cinquanta minuti, è firmato da tutto il gruppo al completo tranne tre brani che, pur nell’immensa distanza culturale, epocale e sociale che li divide, qui come per miracolo si ritrovano, accomunati dalla formula ska, a convivere tra loro e col resto dei brani con un’armonia difficilmente rintracciabile in altre operazioni simili.
Trattasi infatti di un’insospettabile e classicissima Gnossienne n°1 di Erik Satie, qui presentata col titolo, appunto, di Satie alla quale, nella scaletta dell’album, dopo l’irresistibile saltellamento del brano Malakiano Shut up and cry, seguirà la punkosa Complication di Killingjokiana memoria, orpellata nel finale da “ululati” a là Clash modello London Calling, e, ancora più avanti, un’incantata versione di Sour times dei Portishead, qui intitolata sard(onic) amente Portixeddu dove il drums’n bass del gruppo di Bristol è solo un retrogusto immaginabile ma non riscontrabile nell’amalgama fiatistico e ondeggiante del brano. Per correttezza, per rispetto al trascorrere degli anni, e per dare a Cesare quel che è di Cesare, faccio una parentesi per dire che il cd che ho ricevuto è accompagnato da un recente demo cantato da voce femminile che si allontana dallo ska “cosìcomenoiloconosciamo” per virare e approdare verso un punksoul interessante e convincente. L'album è arricchito da una veste grafica accuratissima, è prodotto egregiamente dal sassofonista del gruppo Lorenzo Mandelli e contiene ancora alcuni gioiellini come la strumentale Piro Piro, Cristina e il lupo, Cha Cha e, (me lo sono tenuto per ultimo), il brano Empty train, dal ritmo irresistibilmente rimbalzante come la pallina di un flipper coloratissimo.
Maurizio Pupi Bracali

Malakia

Coins in my Body
Missunderstanding

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